Ormai sembra che il dolore, di qualsiasi tipo esso sia, debba essere spettacolarizzato. Non si racconta, non si narra al fine di aiutare, con la propria esperienza, chi può trovare ristoro in quello che si vive o si è vissuto; tutto deve essere esagerato a livello comunicativo, ostentato nel vano tentativo di esorcizzarlo e renderlo con faciloneria meno grave e amaro.
Spettacolarizzando il dolore, che sia dovuto ad una morte, ad una malattia o ad un fatto drammatico, sembra quasi che si voglia condividerlo con il mondo, e fin qui nulla di strano, anche se in alcuni casi il dolore dovrebbe essere vissuto in modo intimo e privato e non reso un intrattenimento da avanspettacolo.