Ultimo giorno di sfilate a Milano, o sarebbe meglio dire ultima mezza giornata di sfilate della Fashion Week milanese. Sembra che ci sia un nuovo mood nelle passerelle, voglia di stupire, e far parlare di sé, un tentativo, forse vano di azzardare, rilanciando alcuni brand del lusso, che in realtà da quello che si vede, è destinato ad estinguersi; si è percepito un generale riferimento al nuovo (da me non capito) e avanguardista Gucci di Alessandro Michele, colui che viene osannato da molti come un genio che ha saputo rivoluzionare un brand e riportarlo in auge con un immagine che, a mio parere, non rispecchia a pieno lo stile e l'allure di quella che fino a poco tempo fa era una delle mie maison preferite. Ho percepito una voglia generalizzata di meravigliare, di non passare inosservati grazie anche agli spettacoli di musiche e balli di alcuni show.
Ecco una breve carrellata delle sfilate che nel bene o nel male mi hanno colpito di più.
GUCCI
Il buon Alessandro Michele reinterpreta il passato con una visione del tutto personale. Una collezione che strizza l'occhio agli anni 70 ma allo stesso tempo dal richiamo Punk, con cenni alla terra del sol levante. Il designer mixa capi dalle varie stagionalità con una grande contaminazione del femminile nel maschile... come vuole la tradizione del stilista. Accenni (non tanto velati) al futuro come rinascita dalle ceneri dello stile del passato. Una presenza a volte cacofonica di troppi e diversi elementi. Pochi pezzi presi singolarmente sono davvero belli ma come sono stati presentati in passerella, proprio non mi piacciono, l'ensemble... è troppo... di tutto. Sono controcorrente lo so, ma attendo con ansia che Alessandro stupisca per la classe con cui la Maison è stata resa celebre dai suoi predecessori.
ALBERTA FERRETTI
Meno romanticismo e più consapevolezza di una femminilità forte, decisa e passionale. La leggerezza dello Chiffon si contrappone alla grinta delle cinture in cuoio, bustier indossati con gonne dal sapore gitano e reggiseni in bella vista, creano una sensualità moderna e non volgare.
FAUSTO PUGLISI
Una collezione che mescola il Sacro, che si distingue dalla scenografia quasi blasfema data da simboli della religione cristiana come un piccolo altare ed una statua di un Santo, simbologia che si ritrova nei pezzi delle creazioni in cui non mancano crocifissi e cuori ardenti. Il Profano è rappresentato da sensuali spacchi vertiginosi e scollature di abiti morbidi che ricordano in un certo qual modo dei kimoni, stampe colorate e l'immancabile nome del designer su maglie oversize. Tralascerei il mio parere sull'uso dei gambaletti in passerella (e anche per strada se non coperti dai pantaloni).
ROBERTO CAVALLI
Anche qui un forte richiamo agli anni 70, Peter Dundas immagina un vero e proprio viaggio temporale e di stili tra epoche e mondi diversi. Un insieme che mescola troppo (parola che in questa fashion week mi continua rimbombare in testa) di tutto, dai tessuti alle fantasie. Una collezione caleidoscopica che sembra collegarsi, senza neanche tanta fantasia a quella di Gucci.
PHILLIPP PLEIN
Cosa sarebbe il mondo senza Philipp Plein? O forse sarebbe meglio dire cosa sarebbe Milano senza Plein? Infatti questa è stata l'ultima sfilata-Show che il creativo ha presentato a Milano, le prossime verranno presentate direttamente nella grande mela, saltando o per meglio dire, evitando la fashion week Meneghina. Personalmente ho sempre trovato lo stile Plein il giusto compromesso tra il lusso casual e la chiassosa ostentazione più glamour.
Un vero e proprio Luna park ha fatto da cornice alla sfilata in cui anche una Paris Hilton "super accessoriata", ha camminato tra giardinieri dal fisico marmoreo, giostre dalle mille luci, il tutto accompagnato dalla colonna sonora di Fat Joe e della meravigliosa Fergie.
FENDI
In una parola sublime. Tessuti preziosi e broccati rievocano uno stile seicentesco, con lo sfarzo del Rococò che stringe la mano ad uno stile più street e sportivo. Monsieur Lagerfeld ha portato in passerella in modo ben equilibrato, opulenza, romanticismo ed un giusto tocco di eccentricità...Bravo.
MOSCHINO
L'imperativo per Jeremy Scott è scioccare, e per quanto mi riguarda ci riesce parecchio bene.
Una passerella che ha visto abiti bidimensionali, di cartone... compresi i gioielli... non so che dire, evidentemente il fine era appunto quello di sconvolgere senza pensare alle vendite. Abiti e gonne con stampe del corpo femminile in lingerie... come i grembiuli da cuoco che si vedono nelle bancarelle di ogni città italiana in cui c'è impresso il corpo di una statua greca o di nudo maschile.
Veramente non ho parole... e non in senso buono.
GIAMBA
La linea pret-à-porter di Giambattista Valli. Stampe di paesaggi si mescolano a pizzi e trasparenze dell'organza, una donna giovane e fresca che ama civettare, consapevole del suo fascino, come una bambola moderna che ama mescolare frange stile vecchio west, stampe animalier e in cui il Baby-Doll viene sdoganato come mini dress per il giorno o per la sera.
BOTTEGA VENETA
Un brand che rimane sempre fedele alla filosofia di un lusso che non urla, ma che comunica molto nella sua apparente semplicità.
Colori caldi e terrosi, con qualche piccolo accenno di colore, danno un impressione che non si tratti di una collezione primaverile/estiva sia maschile che femminile; ma un marchio come Bottega Veneta può permettersi anche di non proporre colori sgargianti o stampe, il prodotto e la sua qualità artigianale non hanno bisogno di tante parole.
ANTONIO MARRAS
Allegria e spensieratezza, questo è ciò che mi ha trasmesso la sfilata e le creazioni di Marras. Altro designer che ha scelto di presentare entrambe le collezioni quella maschile e quella femminile insieme. Anche con lui sembra di vivere un viaggio con la macchina del tempo e ritornare al look sofisticato degli anni 60. Anche la sfilata diventa un vero e proprio show in cui modelli e modelle si sono trasformati in ballerini come quando, in quegli anni il popolo africano affollava le piazze e le strade ballando a ritmo di musica per festeggiare l'indipendenza politica.
Anche questa passerella è ricca di unioni; passato e presente, ricco e povero, elegante e sportivo.
JIL SANDER
Sempre fedele alla linearità e alla pulizia del design, la Maison ha proposto il classico essenziale minimalismo che resta sempre attuale. Un fortissimo richiamo agli anni 80 con tailleur gessati, taglie oversize i cui vengono enfatizzate le spalle e stretto il punto vita.
RICH
Dopo la rottura del sodalizio lavorativo con John Richmond, pensavo che il marchio Rich non potesse tirare su le sorti della famiglia Moschillo nel parterre della moda internazionale. Mi sbagliavo! Un appeal meno aggressivo, una donna meno sfacciata e più sofisticata. Pur sempre mantenendo il suo carattere. Saverio Moschillo è riuscito a sgrezzare lo stile dell'ex socio e a renderlo in qualche modo più delicato e meno gotico.
ARMANI
Se viene chiamato RE, ci sarà un motivo. Il motivo è semplicissimo in poche parole, classe ed eleganza allo stato puro per entrambi i sessi da sempre. Una collezione che fa sfumare delicatamente il leggendario rigore del Maestro con qualche tocco esotico, colori non troppo accesi, un uso sapiente di tocchi di luce dati da cristalli e paillettes. Se non si è capito il Re mi rasserena e non mi delude mai. Lunga vita al RE.