LA CATTIVERIA NEI SOCIAL NETWORK

La cattiveria nei social

Non è certo una novità che la cattiveria sia presente anche nei social network, anzi è ben radicata nella vita reale e ce ne stupiamo che sia presente anche in quella virtuale?

Mi rendo conto che la rete rappresenta una fotografia istantanea della realtà, uno spaccato di quotidianità in cui si palesano dinamiche che forse, nella maggior parte dei casi, nella vita di tutti i giorni non trovano terreno fertile per essere esternate.

Tutto è lecito; anonimato, prepotenza, odio, frustrazione, bisogno di sentirsi superiori, ostentazione di una vita che non corrisponde a quella reale. Tutto trova online, il campo di battaglia nel quale il proprio pensiero può essere espresso senza i filtri che sono presenti nell’ offline.

Ho conosciuto persone che in Facebook danno un’ idea di sé  che discosta completamente dalla loro reale personalità, persone che nel virtuale si atteggiano con modo spocchioso ed arrogante mentre nel reale, forse per paura o mancanza di sicurezza in sé stessi, sono esseri umani normalissimi e anche dotati di una discreta simpatia.

È da un po’ di giorni che rifletto sul valore comunicativo dei social network, di come la loro utilità stia cambiando e li stia trasformando in un mezzo che, se usato in modo sbagliato, può rovinare in modo irreparabile le relazioni (virtuali e non) tra le persone. Commenti negativi, battute al Vetriolo, mancanza di rispetto e maleducazione, il bisogno di dover imperativamente far primeggiare la propria idea su quelle degli altri e la necessità di una continua approvazione sociale, sembrano essere le tematiche che ciclicamente si ripetono in questo mondo di "comunicazione e non comunicazione". Un'apparente libertà di potere “dire” tutto senza porsi il problema di come verrà percepito il messaggio, una vetrina di bugie e ritratti deformati. 

Purtroppo siamo in un’epoca in cui la stragrande maggioranza dei rapporti interpersonali s’instaurano e progrediscono zoppicanti dietro ad uno schermo, si costruiscono “amicizie” virtuali a suon di like con semplici e mirati colpi di mouse.

Nel virtuale sembra che sia legittimato tutto, l’essere i cosiddetti “leoni da tastiera” consente di poter sfogare le proprie frustrazioni, rabbia, antipatie e libertà di pensiero; tutto è più facile proprio perché, evidentemente, ci si sente protetti da un anonimo schermo e non si deve guardare negli occhi la persona con cui si sta interagendo.

Forse non ci rendiamo conto che quello che succede nei social network non è tanto diverso da quello che succede nella vita reale; attraverso il virtuale si è solo avuta un’evoluzione di comportamenti già ben radicati nelle persone. Sono sempre esistite le chiacchiere, i pettegolezzi e le frecciatine maligne. È cambiato solo il mezzo con il quale vengono diffuse, un'esposizione che ha permesso una maggiore visibilità e diffusione di comportamenti esistenti dalla notte dei tempi.

Capita spesso che un commento o addirittura un like ad un post possa provocare disappunto a qualcuno che non la pensa in egual maniera, il fatto di non poter sentire il tono di voce di una persona, guardare i suoi occhi e vederne le espressioni facciali, porta ad una freddezza nell’interfacciarci con chiunque, piccole o grandi incomprensioni che si incancreniscono se non risolte nel momento stesso in cui si palesano. Tutto viene esasperato ed amplificato in una rete di relazioni che poco hanno a che fare con la vita al di fuori di essa.

I social network dovrebbero essere fatti da persone e non da “seguaci” e allo stesso tempo mi preme di dire che essi non sono la causa di questi comportamenti ma bensì il mezzo, tali sentimenti fanno parte dell’essere umano e non sono nati con Facebook; certo i social hanno portato ad estremizzarli ma, come in tutte le cose, dipende dall’uso che se ne fa.

Dico sempre che ormai, se ci capitasse di essere coinvolti in una sciagura, probabilmente saremmo più interessati a inveire e a deridere chi l’ha provocata trovando l’hashtag più fantasioso che ad aiutare le persone coinvolte in essa.