Vorrei essere padre, ho fatto il rodaggio come zio, potrei essere pronto. Mi piacerebbe tanto.
Caratterialmente non tendo mai a portarmi troppo in alto, ma in questo caso si; sarei un padre fantastico.
Sarei protettivo, ma non troppo, a differenza di come sono stati con me i miei genitori. I miei cuccioli mi hanno sempre schermato dentro ad una bolla di vetro antiproiettile, hanno fatto di tutto per non farmi scontrare con la realtà, con le verità che potessero ferirmi.
Forse, percependo la mia fortissima e maledetta ipersensibilità, secondo loro era il modo più giusto per non affrontare prima del tempo le batoste che la vita può riservare.
Ricordo una delle poche (purtroppo ho sempre avuto un senso di responsabilità molto forte) cazzate che ho fatto da giovanissimo. Ero a bordo del mio scooter in una delle tante scorribande che facevo da solo alla ricerca di quella libertà che tanto agognavo e agogno tuttora, mi sono distratto un attimo e sono andato dritto nel culo di un’automobile che era davanti ma stava rallentando per cambiare direzione.
Un botto fortissimo che mi ha sbalzato sopra il tettuccio dell’auto. Fortunatamente non mi sono fatto niente ma la paura è stata tanta e lo scooter completamente distrutto.
Raccontando tutto ai miei genitori e avendoli rassicurati di stare bene, loro reagirono con una comprensione ed una calma quasi serafiche. Mi sarei aspettato 4 manrovesci e invece sono stato rassicurato del fatto che non fosse accaduto nulla di grave e che la colpa era dell’ “imbecille” che frenò senza nessun preavviso.
Il preavviso di frenata c’era stato e anche l’indicatore di direzione, era stata solo e totalmente colpa mia.
Quando, dopo qualche giorno, andai da mia madre a chiedere il perché della loro reazione troppo calma mi rispose che avevano visto il terrore nei miei occhi e non avrebbero potuto gettare altra benzina sul fuoco facendomi spaventare ancora di più utilizzando del “terrorismo spicologico”. Sapevo di avere fatto una stronzata e ero consapevole che tutte le ragioni non le avevo. Lo sapevano.
Mi hanno protetto anche lì, hanno cercato di indorarmi la pillola ma forse facevano meglio a farmi capire di quanto stupido e disattento fossi stato io.
Ma non gli recrimino niente, per loro, in quella come in altre situazioni, era il loro modo di amarmi di attutirmi i colpi, di non farmi soffrire prima del tempo. Col senno di poi, avrei voluto che ogni tanto ci fosse stata più severità e presa di posizione in alcuni frangenti. Quella continua protezione non mi ha permesso di farmi le ossa come ho scelto di farmi da solo molti, forse troppi, anni dopo.
Vorrei insegnare ai miei figli a come rialzarsi dalle cadute e non insegnargli a non cadere. Le cadute sono necessarie per imparare ad evitare le buche e gli ostacoli del cammino.
Gli farei da scudo contro le ingiustizie della vita, ma non uno scudo troppo resistente come hanno fatto mamma e papà con me, qualcosa la lascerei filtrare.
Con i miei figli sarei severo ma con dolcezza, risoluto davanti ai miei bambini ma chiudendomi alle spalle una porta avrei le lacrime che solcherebbero il viso per la paura di essere stato troppo duro, li vizierei tantissimo, non di cose materiali, ma di abbracci, di baci, di sguardi e di dialogo, tanto dialogo.
Il dialogo, la comunicazione, le confidenze, altre cose che a me sono mancate e in questo caso solo ed esclusivamente per colpa mia.
Mi sentivo perennemente inadeguato, in costante allerta per non fare conoscere il vero me, silenzi pesanti come pietre che ho portato avanti per anni solo per non dover rendere conto e per non sentirmi giudicato, giudicato da chi no lo ha mai fatto una volta.
Come legge del contrappasso, ora, ho un bisogno estremo di comunicare, capire e trasmettere. Sembra che tutto quel silenzio ora si sia trasformato in rumore, un rumore piacevole che non smette di farsi sentire e che utilizzo per farmi sentire. Vorrei che i miei figli dessero voce ad ogni loro pensiero, fantasia o frustrazione.
Non li obbligherei mai a fare quello che non sono riuscito a fare io o a diventare quello che non sono diventato io; gli direi di provare, di lanciarsi, di rischiare e di rincorrere fino a raggiungere i sogni più grandi che hanno. Almeno un giorno potranno dire di averci provato e non avere rimpianti di qualcosa che potevano intentare ma non hanno fatto.
Insegnerei loro come non permettere a nessuno di farli sentire inferiori in nessun modo e per nessuna ragione.
Gli regalerei i sorrisi e gli sguardi complici che troppe volte ho nascosto, vorrei che potessero essere liberi di mostrare tutta la gamma di emozioni e sentimenti positivi di cui sono capaci gli esseri umani, senza reprimerli o nasconderli.
Mi piacerebbe che la loro parola più ripetuta fosse “grazie”, che il loro colore preferito fosse l’intero arcobaleno, vorrei che imparassero a farsi scivolare addosso il male come acqua sulle piume, che il loro cuore, anima e cervello si rinforzino ma non diventino troppo duri.
Questo e quello che vorrei per i miei bambini.
Per ora mi accontento di essere zio di due creature che mi hanno rubato il cuore e hanno catturato l’anima dentro i loro occhioni. Non sono ancora padre, ma padrino del più piccolo e dolce cucciolo della nostra famiglia, Nicolò.
Sono sempre stato uno che vuole tutto e subito. Uno step alla volta, sono figlio, fratello, zio, padrino e un giorno... sarò padre.