Sono passati esattamente 3 anni dalla mia ultima volta al Salone del Mobile, quando ho avuto l’occasione di collaborare con Andrea Voltolina per l’allestimento e cura dell’ immagine dello stand della sua azienda di illuminazione Classic Light.
In tre anni è cambiato poco o niente in questa manifestazione che rende Milano la capitale del Design e che riunisce, per una settimana nel centro fieristico di Rho, visitatori ed espositori da ogni parte del mondo; un punto di incontro e di cultura per tutti gli amanti del bello, del design, del lusso e delle nuove tecnologie nel settore dell’ arredo ma non solo.
Un appuntamento annuale che ho volutamente lasciato evolvere per questi anni, senza prenderne parte, per dare modo che ci fosse una naturale evoluzione di questo magnifico evento milanese. Nella mia testa mi sono detto: “Stefano, non trovi più niente di interessante al salone perché ci vai ogni anno e quindi hai visto tutto”, insomma avevo la sensazione di essermi abituato al bello, all’ opulenza della messa in scena di lampadari di cristallo scintillante, al continuo flusso di ispirazione stilistica, alla scoperta di nuovi tessuti, materiali e concetti nuovi nel settore dell’ arredo di lusso e del design più moderno.
Purtroppo non è stato così, quest’ anno ho voluto appositamente vivere a 360 gradi Milano, passando le mattinate della mia mini vacanza, al Salone del Mobile e i pomeriggi e serate ad eventi e manifestazioni del Fuori Salone, sparsi per la città.
Il Salone per me, è stata una delusione; come ogni anno una fiumana di gente che si riversa nei vari padiglioni, code interminabili di persone stanche e dai piedi doloranti, in attesa di accaparrarsi un panino o scroccare il pranzo da qualche collega (sembra che in certe occasioni, riempirsi la pancia sia una priorità), stand di importanti aziende praticamente dimezzati, altri con code chilometriche di imprenditori, architetti e designer in attesa di entrare cinque minuti per scattare due fotografie in croce, senza neanche informarsi sui concetti e la filosofia dell' uso di certe essenze, materiali e collezioni ma solo sul costo di determinati oggetti e uscirne dicendo che si aspettavano molto di più.
A parte alcune aziende che mi hanno smosso qualcosa a livello emozionale e xLux il nuovo spazio extralusso nel padiglione 3 con marchi come, Fendi, Borbonese, Ferrè, Aston Martin, Ritz, Roberto Cavalli, Versace e Ritz, ho avuto la conferma che il problema sono io, ho sempre voluto conoscere il bello, da bravo edonista farmi pervadere di emozioni dagli oggetti e dalla filosofia che sta dietro ad un pezzo o ad una azienda, ho sempre desiderato percepire, capire e imparare i concetti “filosofici” che hanno portato alla creazione (che sia di design o di moda), di un determinato pezzo o collezione; mi ha sempre stregato capire come da una semplice idea nella mente geniale di qualcuno, possano scaturire delle meraviglie che alle volte si danno per scontate. Ma ci si può abituare al bello?!
“Alla fine della fiera”, è proprio il caso di dirlo, non sono rimasto colpito in particolare modo da niente, a parte i grandi colossi dell’ arredo internazionale, e nuove aziende di design troppo mainstream per il mercato e per la mentalità italiana, ho vissuto la manifestazione come un modo per capire che ci si può abituare al bello, vedere cose di fortissimo impatto visivo come dei dejà vu, a vivere situazioni particolari come la normalità. Per questo ho bisogno di costanti stimoli ed emozioni altrimenti si materializza la mia paura più grande: la noia.
Ciò che mi ha letteralmente travolto dalle emozioni, invece è stato Il Fuori Salone.
Una fiera nella fiera, che espande tutta la sua vivacità tra il Brera Design District e il quartiere di Tortona; prima volta per me, che l’ ho vissuto a pieno forse con uno spirito diverso, una voglia di scoperta, di imparare, di conoscere realtà nuove, brands freschi e persone interessanti.
Brera Design District, è il quartiere della Milano alternativa, un quartiere caratteristico, in cui la creatività è di casa, dove il fascino dei vicoli che durante il giorno sono popolati da turisti e curiosi, alla sera si trasformano in un melting pot di culture, arti ed eventi. La mescolanza di negozi di lusso e di atelier creativi e di botteghe, fanno di Brera il polo attrattivo del fuori Salone in contrapposizione a Tortona.
Brera è come una città a sé stante, alzando gli occhi dalla strada si può godere la vista di meravigliosi palazzi di diverse epoche e con differenti stili, all’ interno dei quali si può prendere parte ai tanti eventi e presentazioni di design e non solo; Brera è più snob di Tortona, più di nicchia, una zona della città in cui si respira cultura in tutte le sue forme, è stato molto curioso aver visto, come in antichi palazzi dallo stile classico, si sia potuto fondere il design più estremo delle installazioni di artisti e designer con una visione avveniristica del concetto di spazio e di materiali.
A differenza di Brera, la zona di Tortona, (molto più caotica e “giovane”) come Soho a Londra, è una delle zone che rinascono dalle ceneri di un ex distretto industriale della città. Come testimonianza del suo passato, rimangono vecchie fabbriche in disuso, prepotenti e freddi edifici tipici dell’architettura industriale, che se all’ esterno sono insignificanti ed austeri, una volta all’ interno diventano irriconoscibili e completamente ristrutturati con un restyling tipico dei luoghi di incontro di tutti i trend setters. Una dicotomia tra esterno ed interno che mi ha fatto percepire come questo quartiere negli anni, sia stato rivalutato e adattato ad ospitare, uffici, showroom, eventi di moda e design.
Proprio in questa parte della città ha preso parte la seconda edizione dell’ evento Superdesign Show del noto gruppo di architettura Superstudio, che ha raggruppato nei sui spazi espositivi, installazioni dei più noti marchi del design, dell’ arte, della moda e della tecnologia internazionale. Non a caso il claim di questo gruppo si potrebbe sintetizzare con la frase: “meno fiera, piu’ museo”, una pagina bianca in cui gli artisti e i designer di aziende come Citizen, Ashai Glass, Asus, Jaguar e molte altre, attraverso le loro installazioni e progetti, possano lasciare un segno del loro ingegno e del loro pensiero creativo.
L'anno prossimo, sicuramente salterò a piè pari il Salone del Mobile e mi immergerò a pieno nel Fuori Salone e in tutte le sue iniziative creative, sicuramente più vive e stimolanti dell' ambiente Salone dove si parla solo di cifre, soldi e contratti.
P.S. In uno dei miei tanti giri agli eventi del Fuori Salone sono andato a salutare Lucia Del Pasqua allo spazio Mini Living in via Vigevano in cui abbiamo avuto l'occasione di parlare e scherzare sul mondo dei bloggers e del suo libro "Quella certa dipendenza dal tasto invio". Una perfetta padrona di casa che, come me... da un idea virtuale di sé che discosta completamente dalla realtà.
Grande Lucia!