La Fashion Week a Milano si sta per concludere e come sempre, non sono mancate grandi novità e ritorni come la pelliccia; declinata in tutte le sue varianti, a pelo lungo a,a pelo corto, a pelo rasato e anche, per buona pace degli animalisti, la eco pelliccia. Un assaggio di questa tendenza per il prossimo inverno si era già avuta Al Pitti Uomo ed ha avuto la sua conferma sulle passerelle milanesi.
Sembra che ormai la contaminazione del mondo maschile da parte di quello femminile nelle collezioni uomo di alcuni stilisti sia ormai una regola dalla quale non ci si possa esimere. Capi prestati dal guardaroba di lei hanno sempre più un ruolo fondamentale nella moda maschile, come nel caso di Dsquared2, una sfilata co-ed, cioè uno show in cui entrambe le collezioni sono state presentate, dove il termine “Glunge” sta ad indicare una fusione dei due generi per crearne uno unico. Una continua replica nel guardaroba di lui che diventa per lei e viceversa, in cui una semplice camicia maschile a quadri, con piccoli gesti sartoriali, si trasforma in una gonna per lei. Una collezione all’insegna dello scambio, in cui i confini della classificazione di genere sembrano diventare evanescenti contaminando a vicenda i due mondi diversi ma allo stesso tempo così simili.
Altra collezione in cui si è unito l’universo maschile a quello femminile è quella di Antonio Marras; ancora molti richiami della meravigliosa terra sarda nella presentazione dello stilista allestita alla Triennale di Milano. Una collezione che richiama il passato, in cui sogno e realtà si mescolano a creare uno spettacolo in cui tutta la creatività del visionario stilista trova il suo apice. Creazioni nelle quali la donna (ri)acquista un malinconico romanticismo forse dimenticato e l’uomo viene trasformato in un moderno e grintoso Napoleone. Tessuti preziosi ed opulenti che possono essere mescolati tra di loro senza prestare particolare attenzione alla corrispondenza di colori, materiali o forme.
Versace, Versace perché sei tu Versace? Il mio amore per questo brand è vivo più che mai, la collezione per l’autunno/Inverno 17/18 delinea un uomo elegante ma che non tralascia il tocco glamour, una collezione che deve servire a portare l’uomo ad essere meno competitivo verso il suo stesso genere, a fluidificare mentalità e culture in modo da stimolare il dialogo sotto vari aspetti della vita e non solo riguardo la moda. Il filo conduttore è proprio l’amalgamare culture diverse sotto i concetti di tolleranza, amore e speranza; ideali che trovano la loro tangibile forza nelle scritte ricamate sulle t-shirt o sulle immagini di statue dalla bellezza classica stampate sui tessuti. Come risaputo la maison ha un forte legame con il mondo della musica (Lady Gaga è stata testimonial della casa di moda) e il capo che rappresenta nel modo migliore questa liaison è il blazer sulla cui superficie è stampata la copertina dell'album Dangerous di Michael Jackson.
Arrivando a Moschino, ormai Jeremy Scott ha fatto dell’eccentrico il suo cavallo di battaglia, eccentrico che delinea una fortissima creatività, ma non sempre (anzi quasi mai), il termine è sinonimo di buon gusto. Come di norma ormai, una collezione coloratissima, ricca di stampe che raffigurano capolavori pittorici, motivi del camouflage e fantasie floreali per approdare in numeri in formato digitale e vivacissimi paesaggi spaziali quasi a fare monito di una guerra galattica imminente. Creazioni che partono da forme e linee classiche che, senza l’innovativo genio dello stilista nel rivisitarle, sembrerebbero dei déjà vù che non creerebbero l’effetto di stupore voluto.
Dirk Bikkembergs porta in passerella un uomo apparentemente semplice, un uomo che non deve ostentare la sua fisicità per spiccare dalla massa (a differenza del mood precedente dato da modelli dai fisici scultorei). Linee pulite e minimali, poche fantasie, pochi colori e un classico che nonostante la mancanza di estro creativo, presenta un uomo maschile senza troppe pretese, una linea disadorna ma per niente piatta. Lee Wood ha saputo coniugare il suo sapere con l’heritage di questo prestigioso brand che personalmente adoro.
Miuccia Prada sembra avere cambiato rotta, un cambio repentino che ha portato a presentare una collezione molto (ma molto) più sobria. Quasi una rottura degli schemi precedenti, un mood più semplice, meno artefatto, abiti più minimali che si contrappongono allo sfarzo a cui ci aveva abituato la Maison. La cultura dell’apparire sembra scemare in questa collezione che mette in mostra di più l’essere in tutta la sua modestia a discapito dell’ostentare. Un forte richiamo agli anni '70, gli anni della contestazione. La semplicità appare anche nella scenografia scelta per la location della sfilata, uno spazio che richiama l’architettura industriale, spoglio e disadorno; un ambiente adatto a mostrare più che ad essere ammirato. Quella di Prada è una collezione “rigorosa”, quasi severa, denudata da tutte le sovrastrutture che potrebbero distogliere l’attenzione dal vero essere.
Un uomo d’altri tempi quello di Daks; un uomo d’affari, il manager di una Londra del passato ma che abbraccia il futuro diventando innovativa. Cappotti dal taglio classico, completi in 3 pezzi (icona del marchio), doppiopetto gessati, pantaloni dal taglio corto alla caviglia ma che sviluppano la loro lunghezza verso la parte superiore tanto da renderli quasi delle salopette con allacciatura al petto. Eleganza classica ma funzionale, dal sapore britannico e stile metropolitano, fanno di Daks il brand che mi sta rubando il cuore.
Da sempre e come sempre, Emporio Armani delinea un uomo elegante, sicuro di sé, pienamente cosciente del suo fascino e classe; un uomo rassicurante che non ostenta, ma si fa notare. Particolare attenzione è stata data al taglio dei pantaloni, molto più dégagé e morbido. Pantaloni che diventano quasi “svolazzanti” che creano un connubio perfetto tra i volumi morbidi della parte inferiore con quelli più “fascianti” della parte superiore del corpo. Cambiando il modello dei pantaloni (non più slim fit) si valorizza anche la linea delle giacche o delle maglie. I colori proposti sono naturali e freddi come vuole la tradizione del Coutourier. Creazioni che danno nuove proporzioni stilistiche che solo Re Giorgio può permettersi di proporre.
Anche per Christian Pellizzari una sfilata “unificata” in cui il rosso, il nero, il grigio e l’azzurro tracciano il filo conduttore delle due collezioni. Nell’uomo colori declinati in nuances più delicate dai colori pastello che si accendono di vita e luce nella donna. In perfetta linea con lo stile del creativo, l’eccentricità delle linee e delle stampe portano in passerella una sferzata di colore per la prossima stagione invernale. Le palme e le stampe animalier delle pezzature di zebre e giraffe ci proiettano a intraprendere un viaggio immaginario tra la west coast californiana e la savana delle terre d'Africa, ma anche verso il romanticismo di altri tempi dato dai tessuti broccati, tulle e rouches che strizzano l’occhio agli anni ’30. Una sfilata che mette in mostra un cocktail del mondo sportivo, urbano e classico con perfetto equilibrio.