LA MALEDUCAZIONE È COME UNA NEBBIA CHE OBNUBILA LA MENTE

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L’ho sempre tollerata poco la maleducazione, credo davvero sia peggio dell’ignoranza perché, se si nasce con i neuroni poco funzionanti non è una colpa, l’essere bifolchi e cafoni lo è eccome.

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Nessun ambiente è immune dalla nebbia della maleducazione, ne abbiamo a che fare ogni giorno, la vediamo o la viviamo di riflesso nei comportamenti di qualcuno; nel berciare al telefono in treno, magari col vivavoce attivato, vedendo il menefreghismo e il cinismo nell’ascoltare le persone, o in palestra, quando nello spogliatoio si possono avere molte dimostrazioni di quanto questo cancro possa essere completamente sviluppato in una metastasi senza controllo.

Se si ha a che fare ogni giorno con la maleducazione, iniziamo a vederla un po’ ovunque, in qualche modo diventiamo più sensibili ed intolleranti ad essa invece che abituarci alla sua dilagante presenza.

Menomale non ci si abitua, almeno parlo per me, la maleducazione altrui mi coglie sempre di sorpresa, non voglio abituarmici e mai succederà. Sono convinto che se ci si abitua ad una cosa, la si da per scontata e probabilmente, col tempo, diventerebbe la normalità e inizieremo anche noi a diffonderla.

Mi sento ripetere spesso che sono un tipo che non le manda a dire, che sono uno che quello che pensa dice e soprattutto, che dice quello che molti pensano ma non esternano.

La cafonaggine, la villania, l’essere totalmente inappropriati in certe situazioni mi amareggia sempre e in più azzera totalmente il fascino delle persone; non c’è  palliativo; forse, i ceffoni ricevuti da mamma ogni qual volta risultassi maleducato sono serviti a darmi un bel imprinting su come saper stare al mondo.

Sto sempre molto attento a tante cose, a non risultare fuori luogo, a non sembrare saccente più del dovuto, a non essere (troppo) invadente, a chiedere scusa e ad usare abitualmente parole come grazie o per cortesia.

Ma ci sono momenti in cui non riesco a reprimere il sentimento di disprezzo verso chi della volgarità ha fatto il suo cavallo di battaglia fregandosene bellamente delle poche e semplici regole delle viverre comune.



Perché prima vi ho parlato della maleducazione in certi ambienti? Perché proprio ieri mi è capitato di assistere ad una scena raccapricciante nello spogliatoio della palestra.

Finisco il mio allenamento, arrivo in spogliatoio e noto come un energumeno della stazza pari, se non superiore a quella di un bue da tiro fosse serenamente “svaccato” su una panchina e attorniato dal  ciarpame fuoriuscito dalla sua borsa, ovviamente invadendo lo spazio in cui dovevo sedermi.

Vado a farmi la doccia e nel momento di rivestirmi, mentre mi stavo infilando i calzini, quindi leggermente proteso in avanti,  decide di destarsi dal mood catatonico in cui era immerso guardando lo smartphone e mi si posiziona davanti dandomi le spalle mentre armeggiava con qualcosa all’interno dell’ armadietto.

In una frazione di secondo, si piega a 90° davanti a me,  porgendomi il sedere smutandato ad una distanza di una quarantina di centimetri dalla mia faccia.

Ho mantenuto la calma, ho sospirato scuotendo la testa e mi sono limitato a spostarmi lateralmente non dopo aver incrociato lo sguardo di pietà di un altro ragazzo che aveva assistito alla  grottesca scena.

Il teatrino degli orrori non finisce qui, dopo avermi omaggiato di questa vista sublimemente raccapricciante, si è girato frontalmente porgendo, ciondolante, quello che ho intravisto tristemente come uno scherzo della natura e, dopo essersi tolto anche la maglia sudicia, ha iniziato a stendere il vestiario inzaccherato di sudore su uno dei caloriferi presenti.

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Quell’atto è stato deleterio per il mio naso, per il mio stomaco e per la mia capacità di autocontrollo, non ci ho più visto, sono sbottato con un sonoro: “Eh no! Passi lo spogliarello a pochi centimetri dalla mia faccia, va bene il fatto che tu giri nudo come se avessi tanto da mostrare invece di renderti conto che faresti meglio a coprirti, ma l’evaporazione dei liquami sopra il calorifero non si può tollerare!”

In pochi minuti, scaldandosi, gli indumenti mavidi avevano sprigionato una zaffata di umanità che mi stava per far trasalire.

 Il tutto mentre mi sono alzato e avere imboccato la via d’uscita sentendomi rispondere che non poteva mettere la roba bagnata nella borsa. Attorno, gli sguardi impietriti e allo stesso tempo riconoscenti dei presenti, con bocche rigorosamente chiuse. Figurarsi se ci fosse stata una goccia di coraggio e altruismo nel fare notare l’inciviltà di quell’individuo.

La morale di tutto ciò è quella di avere, non dico sensibilità verso il prossimo, ma quantomeno educazione e gentilezza; probabilmente se quel quarto di bue avesse risposto con modi migliori e si fosse reso conto del suo comportamento, mi sarei sentito tremendamente in colpa ad avergli fatto notare la limitatezza della sua educazione, ma dopo la risposta di spocchia ricevuta, mi sono congratulato con me stesso per aver rischiato con stoicità di essere atterrito non solo dall’odore, ma anche da un destro che avrebbe potuto assestarmi.