QUANDO RISCOPRI LA MONTAGNA E RITROVI TE STESSO

Stefano Zulian Montagna Livigno

Sono sempre stato un tipo “marittimo”, ho sempre adorato il mare, il sole e il caldo; capiamoci, il caldo (soprattutto quello umido) non lo tollero, ma crogiolarmi al sole come una lucertola e farmi cullare dalla brezza marina è sempre stato uno dei miei “sport” estivi preferiti. Passare ore a far diventare la mia pelle color Mogano mi ha sempre garbato parecchio. Arrivare alla sera dopo una giornata passata a sonnecchiare in riva al mare e vedere il mio colorito prendere gradualmente gradazioni sempre più scure mi ha sempre dato molto benessere.

Nonostante il mio viscerale amore per il mare, pochi giorni fa ho riscoperto la pace e il senso di libertà che ti può regalare la montagna; quei picchi che possono incutere timore, con il tempo, stanno diventando sempre più i luoghi del mio cuore. Ho sempre vissuto la montagna delle mie zone, le Dolomiti, quei Monti pallidi che ho vissuto sciando o per fare il fighetto nella mia amata Cortina. Conosco molto bene le Alpi orientali, o per dirla tutta, conosco bene i luoghi in cui ho passato buona parte della mia infanzia e adolescenza all’insegna dello sport invernale per eccellenza e delle serate con amici.

Non ho mai vissuto la montagna nel mood estivo, forse perché l’estate a mio modo, l’ho sempre vissuta con il mare, acqua, sabbia e relax fisico. Quel relax fisico che la montagna non ti porta, anzi scatena un carico di adrenalina e di emozioni, che, almeno per me, è direttamente proporzionale con la pace mentale che regala.  


Stefano Zulian Montagna Livigno

Così, ho deciso di vivere due giorni all’insegna dello sforzo fisico in Valtellina ed esattamente a Livigno ed esplorazione delle zone limitrofe. Il mio tour montanaro è iniziato con una gitarella sul Monte Diavolezza nel massiccio del Bernina in Svizzera. Quando mi è stato detto che saremmo andati su un ghiacciaio a quasi 3000 metri d’altezza e che ci sarebbe stato molto fresco non ho dato importanza al mio outfit costituito da t-shirt, felpa pesante e giubbottino leggero, il tutto coronato da dei Bermuda! Forse memore del caldo patito in quei giorni in città, il pensiero di soffrire il freddo non mi ha sfiorato minimamente… povero illuso.

Arrivati sulla cima con la funivia, mi si è presentato davanti agli occhi uno scenario surreale, un paesaggio limpido, il sole dei 3000 metri che mi scottava il viso, il cielo di un azzurro intenso e qualche nuvola randagia e bianchissima sopra le cime più alte. Una visuale che mi ha subito trasmesso una fortissima pace interiore, mi sono sentito parte integrante di quel luogo, il luogo in cui la pietra e il ghiaccio incontrano il cielo; quel cielo che nel giro di pochi minuti è diventato grigio e minaccioso, le nuvole innocue che si vedevano da lontano, come in una cavalcata impazzita hanno cominciato a farsi sempre più vicine fino a circondare completamente il rifugio e i poveri turisti estasiati dallo spettacolo del ghiacciaio Morteratsch.


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In una manciata di secondi tutto si è ingrigito, la temperatura di 10 gradi è caduta rovinosamente a 4° insieme ad una pioggia ghiacciata e tagliente. In quel momento ho avuto l’ennesima conferma che davanti alla bellezza, potenza e maestosità della natura e la sua mutevolezza noi siamo infinitesimamente piccoli.


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Il ritorno a valle a piedi, è stato un vero e proprio tour de force, molestati da nuvole basse, folate di vento gelido e pioggerellina fredda alternata a sprazzi di sole cocente. Ad ogni centinaio di metri il paesaggio cambiava, prima neve e rocce nude, dopo rocce con qualche piccola spruzzata di neve e sparute pianticelle ai bordi di ruscelli di acqua pura e fresca, poco dopo rocce sempre più piccole, ciuffi di vegetazione e fiori che attorniavano piccole cascate.

Arrivato nella valle, non deficitario di piccoli scivoloni e con gambe e piedi doloranti, ad accogliermi il profumo dei Rododendri, quella classica “aria di montagna” e un gruppetto di mucche che pascolava placidamente con i loro campanacci al collo.

Una curiosità sul nome del ghiacciaio: la leggenda narra che in tempi non troppo lontani, sul ghiacciaio, vivesse una fata che con il suo canto, era in grado di irretire gli esploratori che si avvicinassero ad esso e di non permettergli di fare più ritorno a casa.

Il secondo giorno, ci siamo avventurati in una passeggiata verso il Lago del Monte, un percorso abbastanza aspro con una serie di tornanti tra i Pini Mughi, cespugli di Mirtilli e tane di Marmotte, che ci ha portato ad attraversare, grazie ad un ponticello di legno, un torrentello a circa 2600 mt. Dopo il torrente, il mio fiato era già messo a dura prova dalla scarpinata e dall’altitudine, ma la strada per raggiungere il lago era ancora lunga, da lì in poi il sentiero, che era stato abbastanza facile e rilassante, ha cominciato a cambiare, ad essere più ripido e aspro.

Arrivati alla parte finale del percorso, inizio a scorgere un torrente emissario del lago e seguendolo, finalmente, davanti ai miei occhi un paesaggio incantevole, una piccola pianura verde screziata dal grigio delle rocce iridescenti e incorniciato dalle montagne, il laghetto nel quale il cielo turchino si specchiava vanitosamente noncurante della mia fatica fisica.

Sulle rive del lago il Baitel dal Mónt, un piccolo bivacco ben attrezzato con tanto di stufa, spazi per pernottare con il sacco a pelo e per i meno organizzati, la possibilità di poter usufruire del cibo presente all’interno, infatti, come in tutti i bivacchi, ogni visitatore, al momento di ripartire, può lasciare nel Baitel qualcosa da mangiare per chi verrà dopo.

In quel posto immerso nel silenzio, ho avuto il privilegio di essere stato senza segnale sul telefono per mezza giornata. Eccetto i primi minuti quando il pensiero del “se succede qualcosa a casa” mi ha reso nervoso, sono stato benissimo. In pace con me stesso e con il mondo, senza l’ansia di dovere esserci sempre per tutti, completamento privo di sensi di colpa per il mancato raggiungimento di una telefonata “importante”. Sono stato sereno, io e i miei pensieri, il silenzio che mi riempiva il cuore senza lasciare un minimo spazio vuoto e se devo dirla tutta, pure qualche lacrima emozionata ha bagnato i miei occhi.

La montagna è così, ti scarica fisicamente ma, allo stesso tempo, ha il potere di regalarti grandissima pace e senso di libertà, è capace di ricaricarti interiormente, permettendo di ritrovare, almeno in parte, te stesso.


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