GUCCI DECAPITA IL BUON GUSTO, MA LO FA CON UN MESSAGGIO IMPORTANTE

 

Una gigantesca sala operatoria, questa la scenografia di Alessandro Michele per la collezione uomo e donna autunno/inverno 2018-19 di Gucci; teste mozzate dei modelli e modelle sottobraccio agli stessi in una passerella asettica e outfit cacofonici come di norma.

La scelta dell’ambientazione da brividi è dovuta alla convinzione di Michele nel considerare il suo lavoro alla stregua di quello di un chirurgo; a sua detta, taglia, cuce e riassembla abiti, nonché personalità.

Su questo potrei andare avanti per ore a scrivere sul fatto che un chirurgo “aggiusta” persone e vite e non tessuti e stoffe, c’è una “piccola” differenza; questa boutade la considero un insulto provocatorio nei confronti di persone che entrano ed escono dalle reali sale operatorie tutti i giorni nel mondo, ma non vuole essere questo il senso del mio post.

Vorrei piuttosto soffermarmi sulle due tematiche principali della collezione: il messaggio veicolato e lo stile estetico della presentazione di questo (a detta di molti) genio incompreso.

 

IL MESSAGGIO

Il suo messaggio, come sempre trova difficoltà nell’essere colto ed elaborato anche se espresso  in modo più che lineare, e cioè riflettere sulla considerazione e accettazione di un’identità ibrida delle persone, quella di esseri in una perenne evoluzione che porta ognuno a diventare chi vuole essere davvero, ad esprimere la sua vera natura senza costrizioni di nessun genere o sorta.

Una lotta continua contro l’omologazione, per arrivare all’affermazione di sé e di quello che si è realmente non nascondendo più la propria unicità.

Alessandro Michele, come altri designer, sente la necessità di trasmettere questo messaggio al mondo; su questo non discuto e chapeau.

Il suo messaggio è giusto e in parte, condiviso da me. Ma la testa mozzata mi fa tanto: “devo sconvolgere con la mia creatività per l’ennesima volta”.

 

LO STILE

Con le parole: “La mia non è moda ma istigazione” il concetto viene ben percepito da chiunque, ma rimango dell’idea che il fashion system sia in piena crisi d’identità, come del resto la società stessa, e la moda, da sempre, diventa lo specchio dei momenti di cambiamento temporali e storici.

Sembra che ormai le strade percorse dal sistema siano due: la prima, fare vestiti e moda che venga comprata, indossata e magari interpretata come meglio credono le persone, anche se mi risulta tuttora difficile accettare il mood che se un uomo vuole vestirsi da donna perché non comprare direttamente una gonna e non una gonna definita da uomo? Ma questo è un mio pensiero). La seconda, in cui si devono lanciare messaggi e appelli affinchè tutti capiscano che anche gli stilisti siano in grado di comunicare con forza qualcosa al di là delle loro creazioni sartoriali.

Allora lanciamo questo messaggio in modo forte e chiaro, in questo caso, con la sala operatoria,  ma poteva benissimo essere un obitorio o perché no, anche un cimitero, tanto ormai non c’è più nulla da inventare e creare, solo riprendere dal passato e riproporlo in salsa splatter nel presente pur di far parlare ed avere un’eco che duri nel tempo.

Ormai è lo show a fare notizia, non la collezione, non si guarda più il bello o il brutto di un capo, la lavorazione o i materiali, no, solo lo spettacolo, nel caso in esame puramente grottesco che serve a fare da ponte per il recepimento del messaggio (ripeto, nulla da dire sul suo essere giusto) da veicolare.

Tutti vogliono comunicare qualcosa a gran voce, ma se la moda tornasse ad essere “parlante” con la sua allure ed il suo stile non servirebbero tanti proclami per rendere fruibile qualsiasi messaggio, idea o concetto.

Probabilmente sono io che ho un pensiero distorto ma tralasciando l’opinabile gusto inventivo del direttore creativo di Gucci, mi domando il perché ostinarsi nel “far riflettere” e creare scalpore (che a lungo andare diventa patetico e stantio pur riscuotendo successo di vendita e di chiacchiera) e non “sconvolgere” ritornando , a questo punto, ad uno stile diverso, non creando mix and match di cose viste e riviste che portano solo confusione più di quella che già c’è?

Non mi pronuncio sul concetto di ibrido lanciato nel messaggio della sfilata, ormai visto che sono cambiati i tempi, sono completamente in accordo, ognuno è libero di indossare ciò che vuole e come vuole ma, un Gucci maschile e femminile che fa parlare di sè per la poesia, la qualità e la bellezza delle collezioni sarebbe un ritorno ben accetto che mi farebbe ricominciare a comprare il brand a rotta di collo.